Plank

PLANK: UN OTTIMO ESERCIZIO PER LE DONNE MA...NON PER TUTTE!

Il plank è, e rimane, uno dei migliori esercizi per il rafforzamento e stabilizzazione del core, nelle sue varianti, consente di migliorare la postura, la stabilità, l'equilibrio e molto altro..

Tuttavia la posizione statica prona, contro gravità, non favorisce le leggi che governano l'emodinamica. Con emodinamica ci si riferisce al movimento del flusso sanguigno nei vasi, e questo è strettamente correlato:

1. alle caratteristiche del lume venoso (calibro);
2. al carico, inteso come energia di flusso (idrostatica ed idrodinamica);
3. alla forza, intesa come la pressione applicata alla superficie;
4. alla resistenza, intesa come una massa che rallenta il movimento (in tal caso un rallentamento del flusso).

A seconda della consistenza del flusso, della configurazione del condotto (disposizione del corpo nello spazio), variano i carichi, le forze e, di conseguenza, il movimento (velocità di flusso).

Nel “plank” tradizionale, il primo punto da considerare riguarda la “resistenza”, che, come detto, è rappresentata da una massa che rallenta la velocità di spostamento.

In emodinamica la forza che ostacola il flusso è data dalla viscosità del sangue. In quei soggetti che non godono di una buona circolazione venosa, che manifestano gonfiori e pesantezza alle gambe, il flusso potrebbe risultare sovraccaricato. Questo è dovuto verosimilmente a tutte quelle condizioni lavorative e posturali che conducono ad un aumento della produzione di metaboliti reattivi all'ossigeno (ROS).

Inoltre, la posizione prona statica non consente di beneficiare dell’attività sisto-diastolica valvolare conferita dalla contrazione ritmica muscolare, limitando così la risposta defluente.

L’aspetto più rilevante riguarda la pressione che, in questo caso, si raffigura nella “forza di gravità” applicata ad una superficie. La superficie in questione è la “regione poplitea”, una regione, dove risiedono alcune delle principali vene di conduttanza, di considerevole importanza ai fini defluenti, la quale si trova a ricevere un’elevata pressione derivante dallo schema posturale del “plank”.

In assenza del contributo valvolare, e di una forza motrice, tale pressione può conferire, quello che si definisce, un “ostacolo di postura”. Tale ostacolo potrebbe, in alcuni casi, dove il livello di compensazione emodinamico non eccelle, implicare una resistenza al flusso.

Infine, non essendoci possibilità di convertire la forza motrice in energia cinetica, questa si tramuta in “pressione statica” aumentando di conseguenza il volume (peso specifico del flusso).

In conclusione, per quelle donne con gonfiori e pesantezza alle gambe, i plank statici andrebbero inseriti con “parsimonia” nelle varie programmazioni allenanti e solo dopo aver migliorato l’aspetto trofico muscolare ottenuto per mezzo dell’attività contrattile, indispensabile nella rieducazione di pompa e valvolare venosa.

autore Alessandro De Vettor