Cosa c’è da sapere e come intervenire in palestra
A cura di Alessandro De Vettor
Personal Fitness Coach & Female Fitness Specialist
c/o Evolution Plus – Noventana (PD)
Collaboratore e Ricercatore Fisico-Motorio c/o Centro Clinico MED – Padova
www.alessandro.devettor@gmail.com
Molte sono le donne che lamentano di avere dei fastidiosi inestetismi cutanei di origine venosa sulle proprie gambe, le cosiddette teleangectasie, quelle che impropriamente vengono definiti “capillari” di superficie. Le cause della loro insorgenza sono le stesse legate alla fisiopatologia delle vene varicose. Ereditarietà, gravidanza, alterazioni ormonali, sovrappeso, sedentarietà, ecc., sono alcuni dei fattori di rischio. Molte volte rappresentano anche il primo stadio d’insufficienza venosa come riportato anche nel CEAP (Clinical manifestations, Etiologic factors, Anatomic distribution of disease, and underlying pathophysiologic findings), e su quest’ultimo punto vorrei porre maggiormente l’attenzione.
L’insufficienza venosa è una condizione che s’instaura in modo progressivo, attraverso una serie di sintomi e segni che si manifestano a livello cutaneo ma che, agli stadi iniziali, non presentano evidenza clinica. L’attività fisica è molto importante poiché, attraverso l’esercizio, si stimolano le pompe valvulo-muscolari e si mantengono efficienti le valvole venose che a loro volta hanno il compito di far scorrere correttamente il sangue dalle gambe verso il cuore (contro gravità) impedendone il reflusso.
Quando le teleangectasie aumentano di dimensione, accentuandosi di colorazione (bluastra), quando sulla pelle iniziano a comparire delle vene dall’aspetto irregolare, quando a ridosso delle caviglie si evidenziano dei reticoli pigmentanti, quando le gambe diventano pesanti, gonfie, dolenti, ebbene, molto probabilmente l’insufficienza venosa sta iniziando a farsi strada.
Nelle donne più predisposte, alcuni esercizi in palestra, impediscono il regolare flusso sanguigno costringendo il sangue a ricercare vie alternative (le cosiddette ‘’vie di fuga’’) presso altre vene non sufficientemente valvolate generando cosi l’instaurarsi delle teleangectasie. E’ bene quindi accertarsi, fin dall’inizio della pratica con i pesi in palestra, della presenza più o meno cospicua delle teleangectasie ed eventualmente richiedere una visita medico-specialistica per comprendere la salute della circolazione venosa superficiale-profonda, del sistema delle perforanti e valvolare.
Fate attenzione anche dove queste teleangectasie sono localizzate, molto spesso quelle nel retro ginocchio sono di origine ‘’posturale ‘’: rimanere seduti per lungo tempo, accavallare le gambe, assumere posture sbagliate, non aiuta il regolare flusso sanguigno.
Ora però la domanda sorge spontanea, siete veramente consapevoli di prendervi cura della vostra circolazione? Bisogna pertanto intervenite quanto prima e il primo passo da fare è proprio quello di ripristinare la corretta funzionalità delle pompe valvulo-muscolari.
Purtroppo però quando il soggetto è sintomatico e decide di intraprendere l’attività fisica in palestra, l’approccio molto spesso è dei più deleteri! Il problema, invece di regredire, peggiora. Si riportano casi di nuove teleangectasie, di edemi persistenti e quant’altro. Questo perché? Semplicemente perché si è deallenati, non si gode di un buon trofismo muscolare e di conseguenza anche la spinta venosa da parte delle pompe valvulo-muscolari risulta insufficiente; si generano così elevate resistenze microcircolaorie, aumentano le portate pressorie e il sovraccarico di flusso. Tutto questo accade perché non si tiene conto della scelta degli esercizi nella fase iniziale di lavoro.
Un soggetto che non si è mai allenato con i pesi, ed è sintomatico, non può esercitarsi inizialmente con degli esercizi a catena cinetica chiusa, come Squat, Stacchi, Affondi e varianti varie che, pur ritenuti esercizi di assoluta importanza ai fini del trofismo e forza muscolare, aumentando il sovraccarico di flusso in quanto eseguiti in posizione ortostatica. Si fa presente che in ortostatismo la pressione idrostatica raggiunge un picco massimo distale di 90 mmHg (alla caviglia), a questa va a sommarsi quella di lavoro (esercizio), rallentando la capacità propulsiva del sangue.
Bisogna pertanto iniziare con una propedeutica differente, inserendo esercizi da eseguire a catena cinetica aperta, con macchine isotoniche e/o pulegge, per stimolare i muscoli anteriori e posteriori di coscia e gamba, oltre che i glutei al fine di attivare una sorta di ‘’pompa compartimentale’’ con funzioni distrettuali a seconda del gruppo muscolare interessato dall’esercizio stesso.
Quindi, “Leg Curl e Leg Extension”, per il recupero funzionale della pompa muscolare femorale e quadricipitale (avendo l’accortezza di liberare il cavo popliteo dall’appoggio con il bordo del sellino); estensioni in quadrupedia per la pompa muscolare glutea; “Calf alla Leg Press 45°” per la pompa muscolare gemellare.
Solo in un secondo momento, quando tono e forza muscolare aumentano, si possono inserire gradualmente i vari esercizi a catena cinetica chiusa.
Si riporta un esempio di tabella da eseguire in palestra due volte a settimana per il recupero dell’efficienza di pompa in un soggetto sintomatico:
autore Alessandro De Vettor